Who is Blux?

 

Blux non è solo blues, è il blues e le sue contaminazioni fino alla musica moderna per scoprire che poi così moderna non è.
Dopo gli studi adolescenziali di chitarra classica Maurizio Blux, alla fine degli anni ’60, prende consapevolezza della vastità del  mondo della musica col fenomeno dei Beatles giunto oramai anche in Italia.
Formatosi musicalmente e culturalmente in un periodo assai fertile nella Roma underground dei primi anni ‘70, si nutre di una miscela esplosiva composta da jazz, rock, west coast e psichedelia che convoglia ben presto in progetti musicali di spicco nel panorama urbano culminanti nell’avventura nel ruolo di bassista con i Lambda (formazione jazz rock sulle frequenze di Perigeo e Wheater Report, prodotta dall’indimentico Domenico Modugno e guidata al Fender Rhodes dal figlio primogenito Marco che culminò, prima dello scioglimento dopo circa due anni di concerti, con l’incisione di un 45 giri e con storiche esibizioni al Music Inn e al St. Louis jazz club a Roma e la prima rappresentazione teatrale in Italia dell’opera rock Jesus Christ Superstar.

Poi la scoperta delle chitarre elettriche, acustiche e resofoniche con una lunga fase caratterizzata da atmosfere ispirate al sound californiano di CSN&Y, Jefferson, Zappa, Grateful Dead e al british blues dei Cream, Mayall, Stones e dalla psichedelia di Hendrix e Doors contaminata dalla musica mistica di Ravi Shankar, assimilata nel 1976 in un lungo e avventuroso viaggio in India.

Poi dopo una lunga pausa in giro per il mondo dedicata alla ricerca delle radici di tutto quel patrimonio concentrato sul Delta, New Orleans, Chicago e Austin nel 1998 il ritorno sulle scene live con una serie di formazioni di breve durata dove Blux collabora a seconda delle circostanze come bassista, chitarrista e cantante, incamerando una grande esperienza di palco che lo proietta come band leader e che culmina nell’attuale progetto elettrico denominato “The Blux Machine” con Marco Cesaretti alla batteria e Manuele Cambiotti al basso, un open combo che si avvale di volta in volta di eccellenti collaborazioni.

In versione acustica Blux propone uno show fatto di standard blues&roots reinterpretati in maniera personale, basato sulle ricerche etnomusicologiche e sui testi raccolti nei primi anni del ‘900 da autorevoli studiosi della musica afroamericana e arricchito da uno storytelling sui mille aneddoti legati a questa musica.  
Ha autoprodotto vari cd di cover, ha partecipato alla compilation di Trasimeno Blues a favore dei terremotati dell’Abruzzo e sta lavorando su un cd di brani originali tra i quali “Too damn’ mean to cry”.

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