UJ FLASH #2+3

Torno a vedere dopo 38 anni David Byrne dopo aver partecipato al concerto mito del Palasport a Roma dell’80 e ci torno con un misto di speranza di rivivere qualcosa di indelebile e il timore di vedere un’altra cosa, magari annebbiata dal tempo che inesorabile passa per tutti. Invece Byrne riesce a spiazzare poichè riesce a fondere in America Utopia la musica inconfondibile dei Talking Heads ed un nuovo format originale di grande potenza e vitalità.

In un Santa Giuliana sold out esplode una sbalorditiva carica visiva e sonora, un suono ancor più strabiliante perchè suonato tutto dal vivo, senza basi, come lo stesso Byrne tiene a precisare. Le percussioni cominciano ad intrecciarsi con le pulsazioni trivellanti del basso di Wooten III e il pubblico percepisce qualcosa che involontariamente comincia ad impossessarsi del corpo. Dapprima con leggeri movimenti ad accompagnare i movimenti di ballo sincopati di Byrne e la banda che danza su un palco che sembra di platino in una calda serata di luglio.

Poi il segnale “Security, let the people dance!!!!” gridato da Byrne e inizia un ora di trance, sospesa tra gioiosa tribalità e sofisticata tessitura musicale che tocca le mie corde più profonde con i brani più famosi del periodo Talking Heads. Ogni brano è una coregrafia fatta di movimenti teatrali e musica in movimento continuo…

 

Creatore dell’etichetta  Luaka Bop, produttore discografico, fotografo, regista, autore, scrittore e musicista (iscritto nel 2002 nella Rock & roll Hall of Fame) che ha lasciato un indelebile segno nella storia della musica contemporanea è anche un artista che espone visual art e fa dell’immagine una cornice importante nei suoi concerti live vere e proprie performance.

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An evening with Pat Metheny

L’altro concerto che emerge dal programma è quello dove, in tutt’altra atmosfera, Pat Metheny è tornato a far visita agli amici dell’Umbria ai quali è particolarmente legato e ha offerto un’altra delle sue raffinate esibizioni accompagnato dalla talentuosa Linda Oh al contrabasso, dallo storico batterista messicano Antonio Sanchez e dal bravissimo pianista inglese Gwilym Simcock che arricchisce ancor più la musica di Pat rispetto alle formazioni in trio.

 

“Ho voluto rompere il solito schema di scrivere musica, registrare un disco, fare il tour. E poi ho tanta musica composta nel corso degli anni che non ho quasi mai suonato. Ho pensato che sarebbe stato interessante mettere insieme un gruppo davvero scelto di musicisti in grado dicoprire la più ampia gamma di tutto ciò che ho fatto precedentemente ed anche possibilmente svilupparlo in qualcosa di più avanzato suonando molto insieme”.

 

 

Così ci avviamo alla conclusione di questa bella edizione di UJ che nel weekend conclusivo propone tra gli altri Mario Biondi che propone il suo recente album Brasil, Gregory Porter col tributo a Nat King Cole e, al Morlacchi, l’interessante proposta di Vijay Iyer col suo sestetto prefigura “The shape of Jazz to Come” cioè il jazz che verrà, partendo dalla sua storia come dimostra la citazione del capolavoro di Ornette Coleman.

 

A presto.

 

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